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Luterani, i punti fermi di Ratzinger

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Messaggio  Admin Sab Gen 22, 2011 9:43 pm

di Massimo Introvigne

Dal 18 al 25 gennaio avrà luogo la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Benedetto XVI ne ha parlato sia all’Angelus di domenica 16 gennaio – dopo avere ricordato che in tale data è caduta la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato –, sia in un incontro di sabato 15 gennaio con una delegazione ecumenica giunta dalla Finlandia per celebrare la festa di sant’Enrico di Uppsala, che nel XII secolo dall’Inghilterra e dalla Svezia portò il cristianesimo nelle terre finniche.

Sant’Enrico di Uppsala morì martire, ucciso nel 1156 da un contadino pagano cui la tradizione dà il nome di Lalli. La memoria di sant’Enrico non è, già di per sé, neutrale. A partire dal XIX secolo esiste in Finlandia una corrente che considera la predicazione del cristianesimo una violenza fatta alle tradizioni nordiche e pagane di quelle terre, e celebra l’assassino del santo, Lalli – una figura mitica forse neppure mai esistita – come un eroe nazionale.

Dietro queste polemiche si scorge l’ombra del relativismo antropologico, con i suoi pregiudizi ancora oggi vivaci secondo cui portare il Vangelo a popolazioni non cristiane sarebbe una forma di «etnocidio» e di violazione della loro identità. Celebrando sant’Enrico il Papa – e insieme i cristiani protestanti finlandesi – riaffermano che far conoscere la buona novella del Vangelo a chi la ignora non è mai un male, ma è un grande bene.

L’incontro con la delegazione finlandese richiama l’analoga visita al Papa, il 16 dicembre 2010, del presidente e del segretario della Federazione Luterana Mondiale e la visita di Benedetto XVI al tempio luterano di Roma il 14 marzo 2010. Si rimane colpiti di come nei discorsi dei tre incontri romani con i luterani, fino all’ultimo del 15 gennaio 2011, il Papa sia tornato sempre sullo stesso tema: la dottrina della giustificazione.

Benedetto XVI dà molta importanza a un testo che, quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha contribuito a redigere: la Dichiarazione congiunta della Chiesa Cattolica e della Federazione Luterana Mondiale sulla dottrina della giustificazione, firmata ad Augusta il 31 ottobre 1999. In questa Dichiarazione si riconosce che non era senza fondamento la domanda posta da Martin Lutero (1483-1546) a un mondo orgoglioso, caratterizzato dal clima del Rinascimento in cui l’uomo si affermava, secondo un’espressione di Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494), «plasmatore e scultore di se stesso».

È Dio che salva l’uomo o l’uomo si forgia e si salva da solo? La ragione può salvare senza la fede? Nella Dichiarazione di Augusta – che ricorda certe formulazioni proposte nel dialogo fra i rappresentanti cattolici e il più diretto collaboratore di Lutero, Filippo Melantone (1497-1560), un dialogo che non si concluse soprattutto per l’intervento politico dei principi tedeschi, i quali ormai avevano deciso di rompere definitivamente con Roma – luterani e cattolici concordano sul fatto che «l’uomo dipende interamente per la sua salvezza dalla grazia salvifica di Dio» (Dichiarazione congiunta, n. 19).

Pertanto, «quando i cattolici affermano che l’uomo, predisponendosi alla giustificazione e alla sua accettazione, “coopera” con il suo assenso all’azione giustificante di Dio, essi considerano tale personale assenso non come un’azione derivante dalle forze proprie dell’uomo, ma come un effetto della grazia» (ibid., n. 20). Per quanto fondamentale sia l’armonia tra fede e ragione, se si deve rispondere alla domanda se sia la fede o la ragione a salvarci la risposta non è oggetto di dubbi: è la fede che salva.

Tuttavia, l’affermazione della fede come primaria rispetto alla ragione diventa nel pensiero maturo di Lutero, e in un certo mondo protestante, celebrazione di una fede separata dalla ragione, cioè fideismo. Anche se volessimo prescindere dalle frasi più dure e polemiche di Lutero, più frequenti negli ultimi anni della sua vita – come quelle in cui invitava a considerare la ragione «la più grande prostituta del diavolo» – non è periferica, ma centrale nel suo pensiero una svolta per cui, come il Papa ha detto nel suo discorso di Ratisbona nel 2006, «la metafisica appare come un presupposto derivante da altra fonte [rispetto a quella biblica, alla sola Scriptura], da cui occorre liberare la fede per farla tornare ad essere totalmente se stessa».

Nelle parole stesse di Lutero, «la ragione è direttamente opposta alla fede; perciò si deve abbandonarla; nei credenti essa dev’essere uccisa e sepolta»; «deve essere affogata nel battesimo». Nello sforzo esasperato luterano di purificazione, la fede divorzia dalla ragione e dalla filosofia greca, così che Benedetto XVI nel discorso di Ratisbona vede nella Riforma la prima ondata della «deellenizzazione», della rottura fra fede cristiana e ragione greca.

E questo divorzio è pericoloso, perché la fede separata dalla ragione conduce al fondamentalismo: in questo senso, come scrive uno dei maggiori sociologi protestanti contemporanei, Jean-Paul Willaime, «il protestantesimo è un fondamentalismo». Vi è dunque nella Dichiarazione congiunta sulla giustificazione quello che il Papa chiama «un passo avanti» nel consenso sul primato della fede. Ma rimane il dissenso con i luterani sulla svalutazione della ragione da parte di Lutero, e sul rischio che con l’acqua sporca del razionalismo il riformatore tedesco abbia buttato via anche il bambino del buon uso di ragione, con conseguenze molto gravi su tutta la cultura europea successiva.

La costante rivendicazione – non in un solo discorso – della Dichiarazione congiunta del 1999 che, per così dire, Benedetto XVI «indossa» e fa sua è molto significativa. Infatti questa dichiarazione è criticata sia «da destra» da chi la ritiene troppo conciliante con i luterani – proprio nel 2010 il superiore della Fraternità Sacerdotale San Pio X fondata da mons. Marcel Lefebvre (1905-1991), mons. Bernard Fellay, ha ripubblicato suoi scritti su questo testo in un libro al vetriolo, L’hérésie justifiée («L’eresia giustificata», Le Sel de la Terre, Avrillé 2010), chiamando in causa direttamente il Pontefice – sia «da sinistra», da chi come Hans Küng pensa e scrive che il Papa si sarebbe incontrato con un mondo luterano conservatore sulla base di un’interpretazione tradizionale e letteralista del peccato originale, che sarebbe «superata».

Certamente la Dichiarazione congiunta ha bisogno di essere ben compresa e interpretata. In questa prospettiva, ricevendo i luterani finlandesi il 15 gennaio, il Papa ha richiamato anche un altro documento più recente, che definisce un «risultato degno di attenzione». Si tratta del testo del 2010 La giustificazione nella vita della Chiesa prodotto dal Gruppo di dialogo cattolico-luterano nordico in Finlandia e in Svezia.

Più lungo della Dichiarazione di Augusta (134 pagine), questo documento approfondisce sia il consenso sia il dissenso, e mostra come le divergenze sul rapporto tra fede e ragione abbiano conseguenze anche per l’ecclesiologia e per il ruolo dei vescovi e del Papa. Alla delegazione finlandese Benedetto XVI ha detto che «nella teologia e nella fede tutto è collegato e quindi una più profonda comprensione comune della giustificazione ci aiuterà anche a comprendere meglio insieme la natura della Chiesa e […] il ministero episcopale».

Il vero ecumenismo – da non confondersi con il relativismo di ogni ordine e grado – non nasconde le divergenze, ma neppure ne fa occasione per interrompere il dialogo.
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